Contrib. Nocera-CENTRO STUDI PEDAGOGIA DELLA MEDIAZIONE

Contributi Salvatore Nocera - Indicatori di qualità

QUALITA’ E

POSSIBILI LIVELLI ESSENZIALI DELL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA, INTESA COME SERVIZIO SOCIOEDUCATIVO

 

Di Salvatore Nocera

 

               La Legge-quadro n. 104/92 indica negli art da 12 a 16 il percorso per la realizzazione della qualità dell’integrazione scolastica, individuando diritti degli alunni, prima indicati solo da circolari o da leggi ( L.n. 517/77) in modo non puntuale.Per offrire agli operatori della scuola ed alle famiglie dei punti di riferimento orientativi, sembra opportuno fornire un’ipotesi di lavoro che permetta di valutare o autovalutare i livelli di qualità raggiunta nell’integrazione dei singoli alunni, delle singole classi o delle singole istituzioni scolastiche.

               L’ART 117 COMMA 1 LETT. “M” DELLA Costituzione  , come modificato dalla L. cost. n. 3/01 introduce fra le competenze statali la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni inerenti i diritti civili e sociali.

               La L.n. 53/03 di riforma della scuola all’art 1 prevede fra i principi generali, anche la formulazione , con decreti delegati, dei “livelli essenziali delle prestazioni scolastiche”.

               L’art 122 del decreto legislativo n. 112/98  con l’ampia definizione data ai servizi  ed alle prestazioni sociali consente di includere fra questi anche  il servizio e le prestazioni scolastiche.

               Dal momento che l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità è ormai un aspetto trasversale consolidato del sistema nazionale d’istruzione, i “livelli essenziali” di questo e delle prestazioni scolastiche debbono necessariamente includere gli interventi  per l’integrazione scolastica.

               Il MIUR , con gli allegati al decreto n. 100/02, concernenti la sperimentazione della riforma Moratti  e poi con i decreti legislativi successivi all’approvazione della legge di riforma n. 53/03,e da ultimo con i    decreti applicativi della riforma Gelmini, ha  indicato i livelli essenziali delle prestazioni scolastiche.Essi sarebbero i contenuti essenziali degli apprendimenti dei diversi  gradi di scuola, che ivi sono elencati.

               A me pare che questa individuazione sia carente sotto due profili, sottoquello quantitativo e sotto quello qualitativo.

               Infatti sotto il profilo quantitativo questi possono correttamente considerarsi solo “ i contenuti” essenziali delle prestazioni scolastiche, che debbono essere erogate durante il processo di scolarizzazione. Ma le prestazioni scolastiche riguardano anche gli  aspetti strutturali che logicamente ( e per lo più organizzativamente ) precedono i contenuti procedurali e sono seguiti dai risultati dei processi.E di questo nulla si dice in tali atti normativi.

               Sotto il profilo qualitativo , le prestazioni scolastiche debbono necessariamente  comptrendere anche i livelli essenziali delle prestazioni concernenti l’integrazione scolastica,che, purpotendosi anch’esse suddividere in aspetti strutturali, di processo e di risultato, si caratterizzano per proprie specificità, che debbono essere prese in considerazione, ma delle quali nulla si dice negli atti ministeriali.

               E’  dunque da tener presente che ad es. fra  gli aspetti contenutistici dei livelli essenziali delle prestazioni scolastiche, i contenuti delle prestazioni per gli alunni con disabilità intellettiva  debbono essere semplificati e tsalora diversificati rispetto a quelli dei compagni. Così pure la valutazione dei risultati degli apprendimenti scolastici  per gli alunni con disabilità intellettiva  non può tener conto solo del profitto, ma, come stabilisce l’art 12 comma 3 L.n. 104/92 deve tener conto anche dei livelli essenziali della  comunicazione, della socializzazione e dell’instaurazione di scambi relazionali .

               Di tutto ciò nulla si dice nei documenti ministeriali

               Ora questa omissione è grave, pèerchè la mancata attenzione ai livelli essenziali delle prestazioni per l’integrazione scolastica determina omissione nel calcolo dell’imput finanziario che influisce sull’autput concretantesi in servizi e nell’autcome, cioè nel rapporto fra risultato atteso e realizzato.

               Come però è possibile, in tanta povertà di dati normativi e di riflessione scientifica su questi aspetti, riuscire ad individuare  possibili livelli essenziali  delle prestazioni di integrazione scolastica?

               Si può provare a formulare “ indicatori-descrittori” idonei a  segnalare la presenza o l’assenza di qualità dell’integrazione scolastica, tentando di graduarla da “livelli minimi” a livelli ottimali.

                In seno all’Osservatorio per l’integrazione scolastica, istituito dalla F I S H   si è tentato di formulare un’ipotesi di indicatori-descrittori di diversi livelli di qualità dell’integrazione .

               Si è costruito un questionario che, sulla base delle norme giuridiche  e le buone prassi permette di rilevare se in una scuola si realizzano “ livelli minimi essenziali “ di qualità di integrazione.

               Ovviamente  il teermine “essenziali” viene qui usato nell’accezione di “livelli minimi” con riguardo ai contenuti delle prestazioni  che debbono essere fornite non solo dalla scuola, ma anche dagli Enti locali e dalle AASSLL.

               Si riporta qui di seguito il questionario, per una migliore chiarificazione di quanto fin qui detto, affinchè possa essere oggetto di riflessione e di autovalutazione da parte delle scuole autonome , sia pur in via sperimentale, in attesa di un’auspicabile prescrizione normativa.

 

GRIGLIA

 ”DESCRITTORI LIVELLI DI QUALITA’ DELL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEGLI ALUNNI CON DISABILITA’ DI CUI ALLA NOTA DEL MINISTERO DELL’ISTRUZIONE  PROT. N. 4088 DEL 2 OTTOBRE 2002”

 

(In ciascun descrittore, a ciascun livello corrisponde convenzionalmente un punteggio pari a punti 1 per il livello minimale, punti 2 per quello intermedio, punti 3 per quello ottimale; qualora per un descrittore, non venga segnato con una X nessun livello, il punteggio è pari a ”0”.

Per ciascun indicatore i livelli sono indicati gerarchicamente, pertanto il livello intermedio include il livello minimale, quello ottimale i due precedenti).

 

I INDICATORI STRUTTURALI

 

1. FORMAZIONE DELLE CLASSI

-      (LIVELLO essenziale MINIMALE DI QUALITA’)

Le prime classi frequentate da alunni con disabilità rispettano i parametri fissati dal D.p.r . 81/09

            massimo 22 alunni,di cui non più di due con disabilità non grave,  massimo 20 con   massimo uno grave  ( dpr n. 81/09 art 4 in relazione all’art 5 comma 2 , c m n. 63/2011).

-      (LIVELLO INTERMEDIO DI QUALITA’)

      Le classi con 20 alunni hanno al massimo 2 alunni con disabilità non grave o uno con grave disabilità ( dpr n. 81/09 art 5 comma 2 e c m n. 63/11)

-      (LIVELLO OTTIMALE DI QUALITA’)

Le classi con un solo alunno con disabilità hanno 18  alunni o meno ( art 5 comma 2 dpr n. 81/09 in relazione con l’art 4 e con art 8 stesso dpr )

 

2. ASSEGNAZIONE DI INSEGNANTE PER IL SOSTEGNO

-      (LIVELLO essenziale MINIMALE DI QUALITA’)

            L’insegnante per le attività di sostegno è specializzato ai sensi del DPR 970/75

-      (LIVELLO INTERMEDIO DI QUALITA’)

             E’ anche docente a tempo indeterminato

-      (LIVELLO OTTIMALE DI QUALITA’)

Ha anche frequentato corsi di alta qualificazione di cui all’O.M. 169/96 e all’O.M. 782/97

O master universitari post lauream ai sensi dell’art 13 d m n. 249/10.

3. FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI CURRICOLARI

-      (LIVELLO essenziale MINIMALE DI QUALITA’)

      Gli insegnanti curricolari della classe ove è presente l’alunno con disabilità hanno frequentato, negli anni passati o in quello attuale, almeno un corso di aggiornamento  sull’i nclusione scolastica (purtroppo  ancora non obbligatori ).  .

-      (LIVELLO INTERMEDIO DI QUALITA’)

Tra loro c’è almeno un insegnante specializzato per il sostegno

-      (LIVELLO OTTIMALE DI QUALITA’)

C’è più di un insegnante specializzato

4. FORMAZIONE IN SERVIZIO

-       (LIVELLO essenziale MINIMALE DI QUALITA’)

Nella scuola, almeno all’inizio dell’anno scolastico in corso, è stato previsto un breve corso di aggiornamento per tutto il personale sulla lettura comune della diagnosi funzionale e la formulazione del PDF, del PEI e del conseguente progetto didattico personalizzato, ai sensi della Nota Min. Prot. 4088/02 , della C M n. 78/03 e della nota min prot n. 4798/05.

-       (LIVELLO INTERMEDIO DI QUALITÀ)

E’ previsto per i singoli Consigli di classe, nel corrente anno scolastico, un corso monografico di aggiornamento sulle problematiche  e sulle didattiche specifiche degli alunni con disabilità presenti nelle loro classi

-       (LIVELLO OTTIMALE DI QUALITA’)

I docenti curriculari e di sostegno collaborano a progetti con un “centro di documentazione, risorse e consulenza” esistente sul territorio o con l’Università o con l’IRRE o un centro specializzato sulla pedagogia e sulle didattiche speciali

 

5. ASSISTENZA GENERICA DI BASE

-      (LIVELLO essenziale MINIMALE DI QUALITA’)

Sono presenti nella scuola  almeno un collaboratore ed una collaboratrice scolastici per garantire l’assistenza igienica e gli spostamenti all’ingresso e all’uscita dalla scuola, ed al suo interno, ai sensi della Nota Min. Prot. 3390 del 30 novembre 2001 e dell’art. 47 All. “a” del CCNL del Comparto scuola del 24 Luglio 2003 e del 2007

-      (LIVELLO INTERMEDIO DI QUALITA’)

Hanno  anche seguito i corsi di formazione specifica di cui alla stessa Nota Ministeriale

-      (LIVELLO OTTIMALE DI QUALITA’)

-      Essi partecipano alle riunioni del Gruppo di lavoro di cui all’art 12 comma 5 L.n. 104/92, per la formulazione del PEI e le sue verifiche

 

6. ASSISTENTI EDUCATIVI PER L’AUTONOMIA E LA COMUNICAZIONE

-      (LIVELLO essenziale MINIMALE DI QUALITA’)

Sono presenti, nei casi richiesti, assistenti per l’autonomia e la comunicazione forniti dagli Enti Locali, ai sensi dell’art. 13 comma 3 della L. n. 104/92 e  anche ai sensi dell’art.139 DPR n. 112/98

o   (LIVELLO INTERMEDIO DI QUALITA’)

Hanno almeno una formazione minima sulle problematiche dei casi che seguono

Partecipano alle  riunioni del Gruppo di lavoro per la Formulazione del PEI e le sue verifiche, di cui all’art 12 comma 5 L.n. 104/92

o   (LIVELLO OTTIMALE)

Sono presenti assistenti che hanno seguito un apposito corso di formazione sulle problematiche dell’inclusione scolastica con rilascio di diploma o attestato.

 

7. GRUPPO DI LAVORO DI ISTITUTO

-      (LIVELLO  essenziale MINIMALE DI QUALITA’)

E’ presente il Gruppo di Lavoro di Istituto per l’integrazione scolastica di cui all’art. 15 comma 2 L. n. 104/92, con la presenza di genitori, operatori scolastici e socio-sanitari e, nelle scuole superiori, anche di alunni

-      (LIVELLO INTERMEDIO DI QUALITA’)

Tale Gruppo partecipa alla formulazione del POF

-      (LIVELLO OTTIMALE DI QUALITA’)

Di tale Gruppo fanno pure parte le “funzioni -strumentali” (docenti incaricati di specifiche funzioni riguardanti la vita della comunità scolastica )

8. RAPPORTI INTERISTITUZIONALI PER IL COORDINAMENTO ED IL SUPPORTO

ORGANIZZATIVO – AMMINISTRATIVO DELL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA

-      (LIVELLO essenzialeMINIMALE DI QUALITA’)

Esistono a livello comunale, provinciale o regionale rapporti, anche non formalizzati, fra l’Amministrazione scolastica ed i servizi socio – sanitari del territorio, concernenti l’integrazione scolastica

-      (LIVELLO INTERMEDIO DI QUALITA’)

Esiste un’Intesa formalizzata, concernente anche gli aspetti finanziari riguardanti i singoli enti sottoscrittori

-      (LIVELLO OTTIMALE DI QUALITA’)

Esiste un accordo di programma, concernente anche gli aspetti finanziari, ai sensi dell’art. 13 comma 1 lettera a) L.n. 104/92 e delle Linee-guida ministeriali del 4/8/09.

 

9. STANZIAMENTI NEL BILANCIO DELL’ISTITUZIONE SCOLASTICA AUTONOMA

 

a- PER ACQUISTO DI AUSILII E SUSSIDI DIDATTICI SPECIFICI

-      (LIVELLO essenziale MINIMALE DI QUALITA’)

Esistono stanziamenti in bilancio di risorse finanziarie idonee per l’eventuale acquisto, o leasing, o godimento in uso, di sussidi e ausili didattici (DPR 44/01, regolamento per la contabilità delle scuole autonome)

-      (LIVELLO INTERMEDIO DI QUALITA’)

Esistono nella scuola ausili tecnologicamente avanzati

-      (LIVELLO OTTIMALE DI QUALITA’)

Esistono nella scuola software aggiornati

 

b- ELIMINAZIONE BARRIERE ARCHITETTONICHE E PERCETTIVE AI SENSI DEL DPR N. 503/96

Per gli alunni con deficit motorio:

-       (LIVELLO essenziale MINIMALE DI QUALITA’)

Esiste nella scuola uno “scoiattolo “ o “montacarichi” (apparecchio a batterie che consente, senza impianto fisso, il sollevamento lungo le scale di una  persona su di  una sedia a ruote)

-       (LIVELLO INTERMEDIO DI QUALITA’)

Esiste nella scuola un “servo scala”(apparecchiatura fissa con una pedana che, tramite una guida dentata, consente il sollevamento lungo le scale di una persona su sedia a ruote.)

-       LIVELLO OTTIMALE DI QUALITA’)

Esiste un ascensore accessibile a norma di legge

Per gli alunni con deficit visivo:

-       (LIVELLO essenziale MINIMALE DI QUALITA’)

            Esistono aule con luminosità non violenta per alunni ipovedenti

-       (LIVELLO INTERMEDIO DI QUALITA’)

Esistono nella scuola passamani lungo le scale e le pareti per consentire spostamenti autonomi di non vedenti

-       (LIVELLO OTTIMALE DI QUALITA’)

Gli angoli delle pareti e dei pilastri sono arrotondati o opportunamente ricoperti, in modo da evitare ferite negli spostamenti ai non vedenti

Per alunni con deficit uditivi:

-       (LIVELLO essenziale MINIMALE DI QUALITA’)

Esistono nella scuola aule non esposte ai rumori del traffico, per evitare disturbi agli alunni ipoacusici ed ai sordi “ oralisti” protesizzati o interpreti gestuali, forniti dalla Provincia ai sensi della L. n. 67/93, per i sordi “segnanti”

-       (LIVELLO INTERMEDIO DI QUALITA’)

Esistono, nelle aule frequentate da audiolesi lavagne luminose per consentire la visione frontale dei docenti quando debbono scrivere alla lavagna

-       (LIVELLO OTTIMALE DI QUALITA’)

Esistono nella aule frequentate da alunni audiolesi apparecchiature per appositi “campi magnetici” o altre apparecchiature, in modo da evitare disturbi alle protesi acustiche con rumori di sottofondo

 

c- LABORATORI

-        (LIVELLO essenziale MINIMALE DI QUALITA’)

Gli alunni con disabilità frequentano i laboratori o le attività parascolastiche presenti nella scuola, insieme con alunni non disabili,  quando, occasionalmente, manca l’insegnante per il sostegno ( le Linee-guida ministeriali del 4 /8/09 vietano la costituzione di gruppi anche occasionali di soli alunni con disabilità)

-       (LIVELLO INTERMEDIO DI QUALITA’)

La occasionale o normale frequenza dei laboratori avviene assieme ai compagni della stessa classe

-       (LIVELLO OTTIMALE DI QUALITA’)

La frequenza di lavoratori ed attività parascolastiche è programmata espressamente nel Progetto didattico personalizzato, inquadrato nel progetto della classe

 

10. ACQUISIZIONE DELLA DIAGNOSI FUNZIONALE DELL’ALUNNO CON disabilità

-      (LIVELLO essenziale MINIMALE DI QUALITA’)

E’ stata presentata al momento dell’iscrizione la diagnosi funzionale dell’Asl, di cui all’art. 12 comma 5 L.n. 104/92 relativa non solo alle minorazioni, ma anche alle potenzialità ed alle capacità residue

-      (LIVELLO INTERMEDIO DI QUALITA’)

Nella diagnosi è compresa la previsione anche di suggerimenti sulle “aree” da attivare con interventi didattici

-      (LIVELLO OTTIMALE DI QUALITA’)

Sono pure presenti suggerimenti sull’uso di ausilii e sussidi o su possibili migliori prestazioni se l’alunno viene messo in condizione di esprimersi più agevolmente

 

II INDICATORI DI PROCESSSO

 

11. ACCOGLIENZA DEGLI ALUNNI CON DISABILITA’

o                (LIVELLO essenziale MINIMALE DI QUALITA’)

Qualche docente della classe aiuta la classe nell’accoglienza del compagno con disabilità.

Gli alunni con disabilità vengono sottoposti ad un periodo di osservazione durante il quale si somministrano prove di ingresso per valutare i livelli iniziali di apprendimento ai sensi dell’art 16 comma 2 L.n. 104/92

o                (LIVELLO INTERMEDIO DI QUALITA’)

Nel POF sono indicati i criteri di accoglienza degli alunni con disabilità con riguardo alle specifiche minorazioni

o                (LIVELLO OTTIMALE DI QUALITA’)

Tutto il personale scolastico (docenti, assistenti educativi, collaboratori scolastici, ecc…) collaborano al progetto d’accoglienza

 

12. FORMULAZIONE DEL PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO

-       (LIVELLO essenziale MINIMALE DI QUALITÀ )

E’ formulato per iscritto entro la Primavera dell’anno precedente, o almeno prima dell’inizio delle lezioni, il progetto didattico personalizzato, o un suo primo abbozzo,   comprendente gli obiettivi, le metodologie didattiche ed i criteri di verifica dei risultati, predisposto almeno da un insegnante

o                (LIVELLO INTERMEDIO DI QUALITA’)

Il progetto didattico personalizzato è formulato oltre che dall’insegnante per le attività di sostegno, anche da tutti gli insegnanti curricolari, secondo quanto prescritto dalle norme  dell’art 5 del dpr del 24 Febbraio 94 e dalla Nota Min. Prot. 4088/02 , dalla C M n. 78/03 e dalla nota prot n. 4798/05 , oltre che dal CCNL del 24/7/03 art. 27 comma 1, 27 comma 2 lett. “b”, 63, 65, 86 comma 2 lett. “c”

(nota: -Nelle prime classi , il progetto didattico può essere predisposto o dagli operatori sociosanitari, componenti del GLH d’istituto, integrati da docenti della nuova scuola e, ove esistente, della scuola precedente, oppure da un consiglio di classe della stessa, se sia già possibile individuarlo prima di Luglio)

-      (LIVELLO OTTIMALE DI QUALITA’)

Il progetto didattico personalizzato è stato preceduto dalla stesura del PEI, di cui all’art 12 comma 5 L. 104/92, che comprende la sintesi dei tre progetti, didattico, di riabilitazione e di socializzazione ( art 13 comma 1 lett-“a” L.-n. 104/92), che deve essere formulato da tutti gli operatori scolastici e sociosanitari in collaborazione con la famiglia

 

III INDICATORI DI RISULTATO

 

13. VALUTAZIONE DEI RISULTATI DELL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA

 

a    APPRENDIMENTI SCOLASTICI

-      (LIVELLO essenziale MINIMALE DI QUALITA’)

Viene effettuata, almeno dall’insegnante responsabile di classe , la valutazione dell’alunno con handicap con riguardo agli apprendimenti scolastici realizzati in ciascuna disciplina

-      (LIVELLO INTERMEDIO DI QUALITA’)

Tale valutazione viene effettuata da alcuni insegnanti per le proprie discipline

-      (LIVELLO OTTIMALE DI QUALITA’)

Tale valutazione è effettuata da ciascun  docente  curriculare , rispettivamente per la propria disciplina   ai sensi dell’art 9 dpr n. 122/09.

 

b    VALUTAZIONE   DEI DOCENTI PER IL SOSTEGNO  NEI CONFRONTI DELL’ALUNNO CON DISABILITA’ E DEI SUOI COMPAGNI AI SENSI    DELL’ ART. 12 comma 3 L.n. 104/92, ESPRESSAMENTE RICHIAMATO DAI PRIMI ARTICOLI DEL DPR N. 122/09

-      (LIVELLO essenziale MINIMALE DI QUALITA’)

Ha socializzato con qualche compagno, anche se in modo discontinuo

-      (LIVELLO INTERMEDIO DI QUALITÀ)

L’alunno con handicap ha socializzato stabilmente almeno con un compagno (compagno-tutor)

-      (LIVELLO OTTIMALE DI QUALITÀ)

Ha rapporti stabili fuori della scuola con almeno un compagno (a casa propria, a casa di un compagno, fuori per una passeggiata, per un cinema, una gita etc )

 

c    VALUTAZIONE DEI RISULTATI DELL’INTEGRAZIONE

-      (LIVELLO essenziale MINIMALE DI QUALITA’)

Viene effettuata l’autovalutazione da parte dei singoli consigli di classe sulla base di qualche indicatore

-      (LIVELLO INTERMEDIO DI QUALITA’)

Viene effettuata, anche tramite questionari, la valutazione da parte delle famiglie degli alunni con disabilità

-      (LIVELLO OTTIMALE DI QUALITA’)

Viene svolta una valutazione anche da parte del Collegio dei Docenti o del Consiglio comunale con riguardo al rapporto costi/benefici non solo con riguardo ai costi finanziari, ai sensi dell’art 12 comma 6 L.n. 104/92

       


 LINEE-GUIDA  PER L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEGLI ALUNNI CON DISABILITA’

           

            A seguito di insistenti richieste delle Associazioni, il Ministero dell’Istruzione ha emanato nei primi giorni di Agosto 2009 un documento importante non tanto per i contenuti che  non apportano novità alla copiosa normativa vigente e si concretizzano in “direttive” per migliorare la qualità dell’inclusione scolastica, quanto per l’organicità degli argomenti, per la scelta del momento di  numerose innovazioni nella scuola e per la consultazione delle associazioni.Il documento corposo , pur se seguito a discussione nella Consulta ministeriale delle associazioni, è però frutto del Ministero che ha raccolto alcune richieste ed osservazioni delle associazioni e le ha coordinate nel testo della propria bozza originaria.

            Significativa è la Premessa che , nell’accennare  alla struttura  del testo, insiste molto sul valore  dell’integrazione come frutto dello scambio relazionale fra alunni con disabilità e compagni e sull’importanza del senso pedagogico di questo rapporto che si realizza in classe.

            Il testo si suddivide in tre Parti.

            La prima parte è intitolata “Il nuovo scenario: il contesto come risorsa”e racconta sinteticamente lo sviluppo della normativa italiana in materia di inclusione scolastica, evidenziando l’importanza della L.n. 517/77 e della  Sentenza della Corte costituzionale n. 215/87, nonché della Legge-quadro n. 104/92 sino alla L. n. 296/08 che esplicita il diritto al rispetto delle “ effettive esigenze” dei singoli alunni con disabilità.

            E’ interessante notare come questa normativa venga riletta alla luce sia del  nuovo principio   costituzionale dell’autonomia scolastica, sia della Convenzione mondiale sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia con la L,.n. 18/09, sia degli ICF, i nuovi criteri di valutazione del funzionamento del corpo umano nel contesto socioambientale, che hanno superato la unilaterale visione sanitaria della disabilità a seguito di un approccio biopsicosociale, che viene proposto a tutti gli operatori della scuola.

            La seconda Parte, intitolata “ l’organizzazione”  ricolloca l’integrazione nel nuovo quadro del  decentramento del Ministero agli Uffici scolastici regionali, insistendo molto sull’opportunità della costituzione di Gruppi di coordinamento a livello regionale e di piani di zona, ferma restando la presenza degli attuali GLIP, come raccordi provinciali  degli orientamenti regionali.

            A tal proposito si insiste molto sull’utilità di raccordi fra uffici scolastici regionali e provinciali, AASSLL, Enti locali ed istituzioni scolastiche , preferibilmente organizzate in “reti di scuole”.L’attenzione aquesti aspetti non è nuova nei documenti ministeriali; però  nuova sembra l’insistenza  su di essi ai fini del miglioramento della qualità dell’integrazione scolastica.

           

            La terza Parte , “ intitolata ruolo inclusivo della scuola”,è ancor più interessante, perché scende più in dettaglio ,  sui compiti organizzativi prevalenti del Dirigente scolastico, su quelli didattici di tutti i docenti del consiglio di classe, su quelli operativi dei collaboratori e delle collaboratrici scolastiche e su quello partecipativo della famiglia.

            Interessantissima è l’introduzione sul concetto di autonomia amministrativa delle scuole e dei Dirigenti  scolastici e degli organi  collegiali, che fa chiarezza sull’importantissimo aspetto che tale autonomia sia giuridicamente subordinata al rispetto dei principii normativi in tema di integrazione. Si ritiene utile riportarne un brano:

            “Si ribadisce, inoltre, che le pratiche scolastiche in attuazione dell’integrazione

degli alunni con disabilità, pur nella considerazione dei citati interessi secondari e delle

citate situazioni di fatto, nel caso in cui non si conformassero immotivatamente

all’interesse primario del diritto allo studio degli alunni in questione, potrebbero essere

considerati atti caratterizzati da disparità di trattamento.

Tale violazione è inquadrabile in primo luogo nella mancata partecipazione di

tutte le componenti scolastiche al processo di integrazione, il cui obiettivo fondamentale

è lo sviluppo delle competenze dell’alunno negli apprendimenti, nella comunicazione e

nella relazione, nonché nella socializzazione, obiettivi raggiungibili attraverso la

collaborazione e il coordinamento di tutte le componenti in questione nonché dalla

presenza di una pianificazione puntuale e logica degli interventi educativi, formativi,

riabilitativi come previsto dal P.E.I.

In assenza di tale collaborazione e coordinamento, mancanza che si esplica in

ordine ad atti determinati da una concezione distorta dell’integrazione, verrebbe a

mancare il menzionato corretto esercizio della discrezionalità.”

            Quindi il documento si dilunga opportunamente sul ruolo strategico del Dirigente scolastico del quale si ribadiscono i compiti fondamentali e cioè della formazione delle classi, della costituzione del Gruppo di lavoro di Istituto , di cui all’art 15 comma 2 L.n. 104/92,  dei gruppi di lavoro sui singoli casi, di cui all’art 12 comma 5 L. n. 104/92,, dell’organizzazione dell’aggiornamento di tutto il personale operante nella scuola per l’integrazione, della stipula di accordi di programma a livello di piani di zona.

            Il testo scende in maggiori approfondimenti per ambiti fondamentali, partendo dalla programmazione, che impone la previsione  nel POF, piano dell’offerta formativa delle singole scuole,  dei criteri organizzativi di accoglienza degli alunni con disabilità.Tale accoglienza deve essere orientatala  lavoro didattico , per quanto possibile, degli alunni con disabilità  nella propria classe  e nel contesto del programma svolto dai compagni.Solo eccezionalmente può  impostarsi collegialmente un PEI    che , nell’interesse dell’alunno, preveda l’uscita dalla classe. Ma a tal proposito il documento stigmatizza , come segue,  delle prassi negative:” Sulla base di tale assunto, è contraria alle disposizioni della Legge 104/92, la

costituzione di laboratori che accolgano più alunni con disabilità per quote orarie anche

minime e per prolungati e reiterati periodi dell’anno scolastico.”

            Il testo , a proposito dei compiti del Dirigente scolastico, sottolinea la sua capacità di garantire una “flessibilità “ organizzativa e didattica rispettosa della normativa sull’integrazione. Si insiste qui sulla necessità di corresponsabilità e coordinamento dell’attività di programmazione di tutto il consiglio di classe, evitando la delega al solo docente per le attività di sostegno. Anzi si mette in guardia  sull’ uso improprio di questa figura professionale, sganciata dall’attività dei colleghi curricolari, come segue:” Così, per esempio, l'insegnante per le attività di sostegno

non può essere utilizzato per svolgere altro tipo di funzioni se non quelle strettamente

connesse al progetto d'integrazione, qualora tale diverso utilizzo riduca anche in minima

parte l’efficacia di detto progetto.”

            Coerente con questa impostazione di corresponsabilità è  la necessità che il Dirigente scolastico stimoli fin dall’iscrizione la formulazione di un PEI   che contenga il “progetto di vita “  dell’alunno   e  che quindi preveda anche i possibili sbocchi dopo la scuola. Di qui l’opportunità di orientamento nella scelta del tipo di scuola superiore ed il contatto di tutti i soggetti che impostano il PEI, coi gestori di corsi di formazione professionale e   con l’Ufficio per l’impiego.

            Il paragrafo concernente i compiti dei Dirigenti scolastici si conclude con l’indicazione dell’opportunità che essi promuovano reti di scuole al fine di costituire un punto di riferimento comune sia per la formazione permanente dei docenti, sia per la raccolta della documentazione di buone prassi, sia per consulenze agli operatori e per contatti non occasionali con le famiglie.

            Il testo passa poi a “direttive” relative alla corresponsabilità di tutti i docenti che hanno in classe un alunno con disabilità.Si accenna, come segue, alla necessità della formulazione di strategie didattiche condivise:” La progettualità didattica orientata all’inclusione comporta l’adozione di

strategie e metodologie favorenti, quali l’apprendimento cooperativo, il lavoro di

 

gruppo e/o a coppie, il tutoring, l’apprendimento per scoperta, la suddivisione del

tempo in tempi, l’utilizzo di mediatori didattici, di attrezzature e ausili informatici,

di software e sussidi specifici.”Si insiste sulla necessità che i docenti curricolari si aggiornino sulle nuove tecnologie in modo da poter realizzare interventi didattici nelle proprie discipline, anche quando non sia presente il docente per il sostegno.

            Si insiste ancora sul coinvolgimento di tutti i docenti nella presa in carico del processo di insegnamento-apprendimento e sulla valutazione degli alunni con disabilità loro affidati. A tal proposito si sottolinea che “ la valutazione in decimi va rapportata al P.E.I., che costituisce il punto di

riferimento per le attività educative a favore dell’alunno con disabilità. Si rammenta

inoltre che la valutazione in questione dovrà essere sempre considerata come

valutazione dei processi e non solo come valutazione della performance.”Già precedentemente, a proposito della programmazione il testo ricordava che la valutazione personalizzata nella scuola del primo ciclo è cosa ben diversa da quella differenziata per gli alunni di scuola superiore che non sono in grado di conseguire il diploma, nel senso che a proposito del primo ciclo l’art 16 comma 2 L.n. 104/92 stabilisce che la valutazione , con esito positivo, deve riguardare un PEI impostato esclusivamente sulle “ effettive capaicità   e potenzialità dell’alunno” e non già secondo standard , come espressamente stabilito dalla citata sentenza della Corte costituzionale n. 215/87.

            Il paragrafo concernente i docenti si conclude col richiamo che il docente per le attività di sostegno non è la figura unica cui i colleghi curricolari delegano l’integrazione, ma  un professionista che deve coinvolgere i colleghi curricolari per aiutarli a gestire il progetto didattico, anche in sua assenza.

            Segue quindi un apposito paragrafo concernente i compiti di assistenza per l’igiene personale degli alunni con disabilità. Si ribadisce che tale compito è di competensa dei collaboratori e delle collaboratrici scolastiche e che i Dirigenti scolastici debbono predisporre per tempo le procedure per garantire la qualità di tale servizio sulla base della nota ministeriale prot. N. 3390/01 e del Contratto collettivo nazionale di lavoro  e della contrattazione decentrata.

            Un passaggio relativo ai compiti del Dirigente scolastico , se letto superficialmente può ingenerare un’interpretazione distorta e sembra quindi opportuno soffermarsi su di esso.

            Trattasi del passaggio laddove si invitano i Dirigenti a vigilare affinché non si verifichino  frequenti ripetente lungo il curricolo scolastico degli alunni con disabilità, in modo che tali alunni possano completare il corso degli studi insieme coi compagni di classe orientativamente entro il compimento del ventunesimo anno di età.Il riferimento al termine del ventunesimo anno di età potrebbe indurre qualche zelante interprete letterale a ritenere che le Linee-guida introducano uno sbarramento alla frequenza di tali alunni, 21° anno di età, oltre il quale essi non possano più frequentare le scuole superiori.una tale interpretazione sarebbe destituita di ogni fondamento legale. Infatti nessuna norma né legislativa né amministrativa  prevede un tale sbarramento. Le Linee-guida si sono limitate a fornire un suggerimento per una buona qualità dell’inclusione scolastica che , se prolungata artificiosamente con ripetente , non permette lo svolgimento lineare del corso degli studi che, di norma si dovrebbe concludere  alla stessa età dei compagni e comunque con qualche anno di ritardo rispetto a loro. Trattasi quindi di una indicazione di buona prassi di inclusione che non ha alcun carattere normativo. Pertanto se una persona con disabilità , dopo aver interrotto gli studi, decida di riprenderli con qualche anno di ritardo e si iscrive alle scuole superiori in possesso del diploma di licenza media, non può essere legalmente impedito dal farlo, come non lo potrebbe nessun altro cittadino. Ovviamente in caso di una notevole differenza di età coi compagni, per motivi di opportunità si potrebbe spostare la sua frequenza nei corsi serali per lavoratori, come avverrebbe per qualunque altro; ma questa è cosa ben diversa dal ritenere che siano precluse le iscrizioni o la frequenza agli ultra ventunenni alle scuole superiori.

            La terza Parte ed il documento si concludono con un paragrafetto concernente i diritti di coinvolgimento delle famiglie nel processo di integrazione, ribadendo la norma dell’art 12 comma 5 L.n. 104/92 secondo cui le famiglie hanno diritto di partecipare alla formulazione e verifica del profilo dinamico funzionale e del PEI. Esse hanno inoltre diritto a consultare la documentazione relativa al processo di integrazione . La loro presenza è talmente im

 

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione

 

LINEE GUIDA PER L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEGLI ALUNNI CON DISABILITA’

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Indice

Premessa

I PARTE: IL NUOVO SCENARIO. IL CONTESTO COME RISORSA

1. I principi costituzionali e la legislazione italiana in materia di alunni con disabilità

1.1 Art. 3 ed Art. 34 Costituzione

1.2 Legge 118/71 e Legge 517/77

1.3 Legge 104/92

1.4 DPR 24 febbraio 1994

2. Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità

3. La Classificazione Internazionale del Funzionamento dell’OMS

II PARTE: L’ORGANIZZAZIONE

1. Il ruolo degli Uffici Scolastici Regionali

2. Rapporti interistituzionali

III PARTE: LA DIMENSIONE INCLUSIVA DELLA SCUOLA

1. Il ruolo del dirigente scolastico

1.1 Leadership educativa e cultura dell’integrazione

1.2 Programmazione

1.3 Flessibilità

1.4 Il progetto di vita

1.5 La costituzione di reti di scuole

2. La corresponsabilità educativa e formativa dei docenti

2.1 Il clima della classe

2.2 Le strategia didattiche e gli strumenti

2.3 L’apprendimento-insegnamento

2.4 La valutazione

2.5 Il docente assegnato alle attività di sostegno

3. Il personale ATA e l’assistenza di base

4. La collaborazione con le famiglie

3

Premessa

Le presenti Linee Guida raccolgono una serie di direttive che hanno lo scopo, nel

rispetto dell’autonomia scolastica e della legislazione vigente, di migliorare il processo

di integrazione degli alunni con disabilità. Elaborate sulla base di un confronto fra

dirigenti ed esperti del MIUR nonché con la partecipazione delle Associazioni delle

persone con disabilità, esse mirano a rilanciare il tema in questione, punto fermo della

tradizione pedagogica della scuola italiana, e che tale deve essere anche in momenti di

passaggio e trasformazione del sistema di istruzione e formazione nazionale.

Individuano inoltre una serie di criticità emerse in questi ultimi anni nella pratica

quotidiana del fare scuola e propongono possibili soluzioni per orientare l’azione degli

Uffici Scolastici Regionali, dei Dirigenti Scolastici e degli Organi collegiali,

nell’ambito delle proprie competenze.

L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità è un processo irreversibile, e

proprio per questo non può adagiarsi su pratiche disimpegnate che svuotano il senso

pedagogico, culturale e sociale dell’integrazione trasformandola da un processo di

crescita per gli alunni con disabilità e per i loro compagni a una procedura solamente

attenta alla correttezza formale degli adempimenti burocratici. Dietro alla “coraggiosa”

scelta della scuola italiana di aprire le classi normali affinché diventassero

effettivamente e per tutti “comuni”, c’è una concezione alta tanto dell’istruzione quanto

della persona umana, che trova nell’educazione il momento prioritario del proprio

sviluppo e della propria maturazione. Crescere è tuttavia un avvenimento individuale

che affonda le sue radici nei rapporti con gli altri e non si può parlare di sviluppo del

potenziale umano o di centralità della persona considerandola avulsa da un sistema di

relazioni la cui qualità e la cui ricchezza è il patrimonio fondamentale della crescita di

ognuno. La scuola è una comunità educante, che accoglie ogni alunno nello sforzo

quotidiano di costruire condizioni relazionali e situazioni pedagogiche tali da

consentirne il massimo sviluppo. Una scuola non solo per sapere dunque ma anche per

crescere, attraverso l’acquisizione di conoscenze, competenze, abilità, autonomia, nei

margini delle capacità individuali, mediante interventi specifici da attuare sullo sfondo

costante e imprescindibile dell’istruzione e della socializzazione.

In questo senso si configura la norma costituzionale del diritto allo studio,

interpretata alla luce della legge 59/1997 e del DPR 275/1999, da intendersi quindi

come tutela soggettiva affinché le istituzioni scolastiche, nella loro autonomia

funzionale e flessibilità organizzativa, predispongano le condizioni e realizzino le

attività utili al raggiungimento del successo formativo di tutti gli alunni.

La prima parte delle Linee Guida consta in una panoramica sui principi generali,

individuabili tanto nell’ordinamento italiano quanto in quello internazionale,

concernenti l’integrazione scolastica. Ciò non per ripetere conoscenze già note a chi

lavora nel mondo della scuola, ma per ricapitolare un percorso davvero eccezionale di

legislazione scolastica, proprio quando la Convenzione ONU per i diritti delle persone

con disabilità, ratificata dal Parlamento italiano con la Legge 18/2009, impegna tutti gli

Stati firmatari a prevedere forme di integrazione scolastica nelle classi comuni, che è,

appunto, la specificità italiana.

La prima parte presenta inoltre l’orientamento attuale nella concezione di

disabilità, concezione raccolta in particolare dalla detta Convenzione. Si è andato infatti

affermando il “modello sociale della disabilità”, secondo cui la disabilità è dovuta

dall’interazione fra il deficit di funzionamento della persona e il contesto sociale.

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Quest’ultimo assume dunque, in questa prospettiva, carattere determinante per definire

il grado della Qualità della Vita delle persone con disabilità.

In linea con questi principi si trova l’ICF, l’International Classification of

Functioning, che si propone come un modello di classificazione bio-psico-sociale

decisamente attento all’interazione fra la capacità di funzionamento di una persona e il

contesto sociale, culturale e personale in cui essa vive.

La seconda parte entra nelle pratiche scolastiche, individuando problematiche e

proposte di intervento concernenti vari aspetti e soggetti istituzionali coinvolti nel

processo di integrazione. In particolare, si riconosce la responsabilità educativa di tutto

il personale della scuola e si ribadisce la necessità della corretta e puntuale

progettazione individualizzata per l’alunno con disabilità, in accordo con gli Enti

Locali, l’ASL e le famiglie.

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I PARTE

IL NUOVO SCENARIO. IL CONTESTO COME RISORSA

1. I principi costituzionali e la legislazione italiana in materia di alunni con disabilità

1.1. Art. 3 ed Art. 34 Costituzione

Il diritto allo studio è un principio garantito costituzionalmente. L’art. 34 Cost.

dispone infatti che la scuola sia aperta a tutti. In tal senso il Costituente ha voluto

coniugare il diritto allo studio con il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost.

L’articolo in questione, al primo comma, recita: «tutti i cittadini hanno pari dignità

sociale e sono uguali dinanzi alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di

religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».

Tale principio di eguaglianza, detto formale, non è però sembrato sufficiente al

Costituente che ha voluto invece chiamare in causa la “pari dignità sociale”, integrando

così l’esigenza dell’uguaglianza “formale”, avente a contenuto la parità di trattamento

davanti alla legge, con l’uguaglianza “sostanziale”, che conferisce a ciascuno il diritto al

rispetto inerente alla qualità e alla dignità di uomo o di donna, in altri termini di

“persona” che può assumere la pretesa di essere messo nelle condizioni idonee ad

esplicare le proprie attitudini personali, quali esse siano.

Il secondo comma del citato art. 3 recita: «E’ compito della Repubblica rimuovere

gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e

l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e

l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e

sociale del paese». Il Costituente, insomma, ha riconosciuto che non è sufficiente

stabilire il principio dell’eguaglianza giuridica dei cittadini, quando esistono ostacoli di

ordine economico e sociale che limitano di fatto la loro eguaglianza impedendo che essa

sia effettiva, ed ha pertanto, coerentemente, assegnato alla Repubblica il compito di

rimuovere siffatti ostacoli, affinché tutti i cittadini siano posti sullo stesso punto di

partenza, abbiano le medesime opportunità, possano godere, tutti alla pari, dei medesimi

diritti loro formalmente riconosciuti dalla Costituzione.

I principi costituzionali indicati garantirono, in prima battuta, il diritto allo studio

degli alunni con disabilità attraverso l’esperienza delle scuole speciali e delle classi

differenziali. L’art. 38 Cost. specifica infatti che «gli inabili e i minorati hanno diritto

all’educazione e all’avviamento professionale». Ben presto, comunque, emersero le

implicazioni che scaturivano da tale interpretazione del diritto allo studio, soprattutto in

termini di alienazione ed emarginazione sociale.

1.2 Legge 118/71 e Legge 517/77

La legge 118/71, art. 28, disponeva che l’istruzione dell’obbligo dovesse avvenire

nelle classi normali della scuola pubblica. In questo senso, la legge in questione supera

il modello dello scuole speciali, che tuttavia non aboliva, prescrivendo l’inserimento

degli alunni con disabilità, comunque su iniziativa della famiglia, nelle classi comuni.

Per favorire tale inserimento disponeva inoltre che agli alunni con disabilità venissero

assicurati il trasporto, l’accesso agli edifici scolastici mediante il superamento delle

barriere architettoniche, l’assistenza durante gli orari scolastici degli alunni più gravi.

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Ma fu presto evidente che l’inserimento costituiva solo una parziale applicazione

del principio costituzionale di eguaglianza, che era esercitato dagli alunni in questione

solo nel suo aspetto formale. L’inserimento non costituì la realizzazione

dell’eguaglianza sostanziale che dovette invece essere costruita con ulteriori strumenti e

iniziative della Repubblica, orientati a rimuovere gli ostacoli prodotti dal deficit e, in

particolare, attraverso l’istituzione dell’insegnante specializzato per il sostegno e di

piani educativi adeguati alla crescita e allo sviluppo dell’alunno con disabilità.

E’ questo essenzialmente il contenuto della Legge 517/77, che a differenza della

L. 118/71, limitata all’affermazione del principio dell’inserimento, stabilisce con

chiarezza presupposti e condizioni, strumenti e finalità per l’integrazione scolastica

degli alunni con disabilità, da attuarsi mediante la presa in carico del progetto di

integrazione da parte dell’intero Consiglio di Classe e attraverso l’introduzione

dell’insegnante specializzato per le attività di sostegno.

La Corte Costituzionale, a partire dalla Sentenza n. 215/87, ha costantemente

dichiarato il diritto pieno e incondizionato di tutti gli alunni con disabilità, qualunque ne

sia la minorazione o il grado di complessità della stessa, alla frequenza nelle scuole di

ogni ordine e grado. Tale sentenza, oggetto della C M n. 262/88, può considerarsi la

“magna Charta” dell’integrazione scolastica ed ha orientato tutta la successiva

normativa primaria e secondaria.

1.3 Legge 104/92

Una notevole quantità di interventi legislativi di diverso grado è dunque seguita

alla promulgazione della Legge 517/77, al fine di completare la normazione della

materia in questione, tanto per il versante socio-sanitario quanto per quello più

specificamente rivolto all’integrazione scolastica. La Legge del 5 febbraio 1992, n. 104

“Legge Quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone

handicappate” raccoglie ed integra tali interventi legislativi divenendo il punto di

riferimento normativo dell’integrazione scolastica e sociale delle persone con disabilità.

La Legge in parola ribadisce ed amplia il principio dell’integrazione sociale e

scolastica come momento fondamentale per la tutela della dignità umana della persona

con disabilità, impegnando lo Stato a rimuovere le condizioni invalidanti che ne

impediscono lo sviluppo, sia sul piano della partecipazione sociale sia su quello dei

deficit sensoriali e psico-motori per i quali prevede interventi riabilitativi.

Il diritto soggettivo al pieno sviluppo del potenziale umano della persona con

disabilità non può dunque essere limitato da ostacoli o impedimenti che possono essere

rimossi per iniziativa dello Stato (Legislatore, Pubblici poteri, Amministrazione).

Questo principio, caratterizzante la Legge in questione, si applica anche

all’integrazione scolastica, per la quale la Legge citata prevede una particolare

attenzione, un atteggiamento di “cura educativa” nei confronti degli alunni con

disabilità che si esplica in un percorso formativo individualizzato, al quale partecipano,

nella condivisione e nell’individuazione di tale percorso, più soggetti istituzionali,

scardinando l’impianto tradizionale della scuola ed inserendosi nel proficuo filone

dell’individualizzazione e dell’attenzione all’apprendimento piuttosto che

all’insegnamento.

Il Profilo Dinamico Funzionale e il Piano Educativo Individualizzato (P.E.I.)

sono dunque per la Legge in questione i momenti concreti in cui si esercita il diritto

all’istruzione e all’educazione dell’alunno con disabilità. Da ciò il rilievo che ha la

realizzazione di tali documenti, attraverso il coinvolgimento dell’amministrazione

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scolastica, degli organi pubblici che hanno le finalità della cura della persona e della

gestione dei servizi sociali ed anche delle famiglie. Da ciò, inolter, l’importante

previsione della loro verifica in itinere, affinché risultino sempre adeguati ai bisogni

effettivi dell’alunno.

Sulla base del PEI, i professionisti delle singole agenzie, ASL, Enti Locali e le

Istituzioni scolastiche formulano, ciascuna per proprio conto, i rispettivi progetti

personalizzati:

il progetto riabilitativo, a cura dell’ASL (L. n. 833/78 art 26);

il progetto di socializzazione, a cura degli Enti Locali (L. n. 328/00 art 14);

il Piano degli studi personalizzato, a cura della scuola (D.M.. 141/99, come

modificato dall’art. 5, comma 2, del D.P.R. n. 81/09).

1.4 DPR 24 febbraio 1994

Il DPR 24 febbraio 1994 “Atto di indirizzo e coordinamento relativo ai compiti

delle unità sanitarie locali in materia di alcuni portatori di handicap” individua i soggetti

e le competenze degli Enti Locali, delle attuali Aziende Sanitarie Locali e delle

istituzioni scolastiche nella definizione della Diagnosi Funzionale, del Profilo Dinamico

Funzionale e del Piano Educativo Individualizzato, documento conclusivo e operativo

in cui “vengono descritti gli interventi integrati ed equilibrati tra di loro, predisposti per

l’alunno in condizione di handicap, in un determinato periodo di tempo, ai fini della

realizzazione del diritto all’educazione e all’istruzione”, come integrato e modificato dal

DPCM n. 185/06.

Successivamente, sia il Regolamento sull’Autonomia scolastica, D.P.R. n.

275/99, sia la Legge di riforma n. 53/03 fanno espresso riferimento all’integrazione

scolastica. Inoltre, la L. n. 296/06, all’art 1 comma 605 lettera “b”, garantisce il rispetto

delle “effettive esigenze” degli alunni con disabilità, sulla base di accordi

interistituzionali.

2. Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità

Con la Legge n. 18 del 3 marzo 2009, il Parlamento italiano ha ratificato la

Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità. Tale ratifica vincola l’Italia,

qualora l’ordinamento interno avesse livelli di tutela dei diritti delle persone con

disabilità inferiori a quelli indicati dalla Convenzione medesima, a emanare norme

ispirate ai principi ivi espressi.

Non è comunque la prima volta che il tema della disabilità è oggetto di attenzione

di documenti internazionali volti alla tutela dei diritti umani, sociali e civili degli

individui.

La Dichiarazione dei Diritti del Bambino dell’ONU, varata nel 1959, recita: “Il

bambino che si trova in una situazione di minorazione fisica, mentale o sociale, ha

diritto di ricevere il trattamento, l’educazione e le cure speciali di cui abbisogna per il

suo stato o la sua condizione”.

La Dichiarazione dei diritti della persona con ritardo mentale dell’ONU,

pubblicata nel 1971, reca scritto: “Il subnormale mentale deve, nella maggiore misura

possibile, beneficiare dei diritti fondamentali dell’uomo alla stregua degli altri esseri

umani. Il subnormale mentale ha diritto alle cure mediche e alle terapie più appropriate

al suo stato, nonché all’educazione, all’istruzione, alla formazione, alla riabilitazione,

alla consulenza che lo aiuteranno a sviluppare al massimo le sue capacità e attitudini”.

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La Conferenza Mondiale sui diritti umani dell’ONU, i cui esiti sono resi noti nel

1993, precisa che “tutti i diritti umani e le libertà fondamentali sono universali e

includono senza riserve le persone disabili”.

Le Regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per i disabili,

adottate dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 20 dicembre 1993, ricordano

come “l'ignoranza, la negligenza, la superstizione e la paura sono fattori sociali che

attraverso tutta la storia della disabilità hanno isolato le persone con disabilità e ritardato

la loro evoluzione”.

Ciò che tuttavia caratterizza la Convenzione ONU in questione è di aver

decisamente superato un approccio focalizzato solamente sul deficit della persona con

disabilità, accogliendo il “modello sociale della disabilità” e introducendo i principi di

non discriminazione, parità di opportunità, autonomia, indipendenza con l'obiettivo di

conseguire la piena inclusione sociale, mediante il coinvolgimento delle stesse persone

con disabilità e delle loro famiglie.

Essa infatti recepisce una concezione della disabilità che, oltre a ribadire il

principio della dignità delle persone con disabilità, individua nel contesto culturale e

sociale un fattore determinante l’esperienza che il soggetto medesimo fa della propria

condizione di salute. Il contesto è una risorsa potenziale che, qualora sia ricca di

opportunità, consente di raggiungere livelli di realizzazione e autonomia delle persone

con disabilità che, in condizioni contestuali meno favorite, sono invece difficilmente

raggiungibili.

La definizione di disabilità della Convenzione è basata sul modello sociale

centrato sui diritti umani delle persone con disabilità, ed è la seguente: “la disabilità è il

risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed

ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su

base di uguaglianza con gli altri” (Preambolo, punto e).

La centralità del contesto socio-culturale nella determinazione del livello di

disabilità impone che le persone con disabilità non siano discriminate, intendendo

“discriminazione fondata sulla disabilità (...) qualsivoglia distinzione, esclusione o

restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l’effetto di pregiudicare o

annullare il riconoscimento, il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli

altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico,

sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo. Essa include ogni forma di

discriminazione, compreso il rifiuto di un accomodamento ragionevole (Art. 2).

A questo scopo è necessario che il contesto (ambienti, procedure, strumenti

educativi ed ausili) si adatti ai bisogni specifici delle persone con disabilità, attraverso

ciò che la Convenzione in parola definisce “accomodamento ragionevole”:

Accomodamento ragionevole indica le modifiche e gli adattamenti necessari ed

appropriati che non impongano un carico sproporzionato o eccessivo, ove ve ne sia

necessità in casi particolari, per assicurare alle persone con disabilità il godimento e

l’esercizio, su base  di eguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e libertà

fondamentali” (Art. 2).

L'art 24, infine, dedicato all'educazione riconosce “il diritto all’istruzione delle

persone con disabilità (...) senza discriminazioni e su base di pari opportunità”

garantendo “un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli ed un apprendimento

continuo lungo tutto l’arco della vita, finalizzati: (a) al pieno sviluppo del potenziale

umano, del senso di dignità e dell’autostima ed al rafforzamento del rispetto dei diritti

umani, delle libertà fondamentali e della diversità umana; (b) allo sviluppo, da parte

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delle persone con disabilità, della propria personalità, dei talenti e della creatività, come

pure delle proprie abilità fisiche e mentali, sino alle loro massime potenzialità; (c) a

porre le persone con disabilità in condizione di partecipare effettivamente a una società

libera”.

3. ICF, Classificazione Internazionale del Funzionamento. Dalla prospettiva

sanitaria alla prospettiva bio-psico-sociale

Nel 2001, l’Assemblea Mondiale della Sanità dell’OMS ha approvato la nuova

Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute

(International Classification of Functioning, Disability and Health – ICF),

raccomandandone l’uso negli Stati parti. L’ICF recepisce pienamente il modello sociale

della disabilità, considerando la persona non soltanto dal punto di vista “sanitario”, ma

promuovendone un approccio globale, attento alle potenzialità complessive, alle varie

risorse del soggetto, tenendo ben presente che il contesto, personale, naturale, sociale e

culturale, incide decisamente nella possibilità che tali risorse hanno di esprimersi.

Fondamentale, dunque, la capacità di tale classificatore di descrivere tanto le capacità

possedute quanto le performance possibili intervenendo sui fattori contestuali.

Nella prospettiva dell’ICF, la partecipazione alle attività sociali di una persona

con disabilità è determinata dall’interazione della sua condizione di salute (a livello di

strutture e di funzioni corporee) con le condizioni ambientali, culturali, sociali e

personali (definite fattori contestuali) in cui essa vive. Il modello introdotto dall’ICF,

bio-psico-sociale, prende dunque in considerazione i molteplici aspetti della persona,

correlando la condizione di salute e il suo contesto, pervenendo così ad una definizione

di “disabilità” come ad “una condizione di salute in un ambiente sfavorevole”.

Nel modello citato assume valore prioritario il contesto, i cui molteplici elementi

possono essere qualificati come “barriera”, qualora ostacolino l’attività e la

partecipazione della persona, o “facilitatori”, nel caso in cui, invece, favoriscano tali

attività e partecipazione.

L’ICF sta penetrando nelle pratiche di diagnosi condotte dalle AA.SS.LL., che

sulla base di esso elaborano la Diagnosi Funzionale. E’ dunque opportuno che il

personale scolastico coinvolto nel processo di integrazione sia a conoscenza del modello

in questione e che si diffonda sempre più un approccio culturale all’integrazione che

tenga conto del nuovo orientamento volto a considerare la disabilità interconnessa ai

fattori contestuali.

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II PARTE: L’ORGANIZZAZIONE

1. Il ruolo degli Uffici Scolastici Regionali

Il decentramento avvenuto nell’ultimo decennio e la conseguente assunzione di

responsabilità da parte degli organi decentrati - nell’ambito delle materie ad essi

attribuite - fa assumere agli Uffici Scolastici Regionali un ruolo strategico ai fini della

pianificazione/programmazione/”governo” delle risorse e delle azioni a favore

dell’inclusione scolastica degli alunni disabili.

L’azione di coordinamento ed indirizzo di loro competenza fa prevedere che:

attivino ogni possibile iniziativa finalizzata alla stipula di Accordi di

programma regionali per il coordinamento, l’ ottimizzazione e l’uso delle

risorse, riconducendo le iniziative regionali ad un quadro unitario

compatibile con i programmi nazionali d’istruzione e formazione e con

quelli socio - sanitari;

promuovano la costituzione di G.L.I.R. (Gruppo di Lavoro

Interistituzionale Regionale), al quale demandare la realizzazione

dell’obiettivo sopra individuato. Fermo restando l’attuale ruolo

istituzionale dei G.L.I.P., appare opportuno che quest’ultimi, nella

prospettiva della costituzione dei citati G.L.I.R., vengano intesi come

organismi attuativi, in sede provinciale, delle linee di indirizzo e

coordinamento stabilite a livello regionale;

organizzino attività di formazione per dirigenti scolastici e personale della

scuola (ivi compreso il personale ATA) al fine di implementare e

diffondere la cultura dell’inclusione e della “presa in carico” complessiva

dell’alunno disabile da parte del sistema scuola;

favoriscano la costituzione di reti territoriali per la realizzazione sia delle

attività formative sia di ogni altra azione a favore dell’inclusione, al fine di

renderla più rispondente alle realtà di contesto e alle esperienze di vita dei

soggetti. La “rete” di scuole, inserita all’interno dei tavoli di

concertazione/coordinamento territoriali, appare essere lo strumento

operativo più funzionale per la realizzazione di interventi mirati, aderenti

al contesto, compatibili con le opportunità e le risorse effettivamente

disponibili. Le “reti” consentono l’incremento di azioni volte a favorire la

piena valorizzazione delle persone, la crescita e lo sviluppo educativo,

cognitivo e sociale del singolo discente mediante percorsi individualizzati

interconnessi con la realtà sociale del territorio, nella prospettiva di creare

legami forti e senso di appartenenza;

potenzino il ruolo e il funzionamento dei Centri di Supporto Territoriale

istituiti dal Progetto “Nuove Tecnologie e Disabilità”, nonché quello dei

Centri di Documentazione /Consulenza/Ascolto in quanto luoghi

“dedicati” per realizzare e far circolare esperienze, disporre di consulenze

esperte, costituire effettive comunità di pratiche.

2. Rapporti interistituzionali

Nella logica del decentramento e del compimento del processo attuativo del titolo

V della Costituzione, il concetto di Governance è il paradigma di riferimento per i

rapporti interistituzionali, in quanto inteso come la capacità delle istituzioni di

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coordinare e orientare l’azione dei diversi attori del sistema sociale e formativo

valorizzando le attività di regolazione e orientamento.

Il termine Governance è sempre più utilizzato come categoria- guida nell'ambito

delle politiche pubbliche, per sottolineare la prevalenza di logiche di tipo negoziale e

relazionale, coordinative, piuttosto di quelle di vero e proprio Government basate

esclusivamente sulla normazione e sulla programmazione. Si tratta, quindi, di stabilire

azioni di raccordo fra gli enti territoriali (Regione, USR, province, comuni), i servizi

(ASL, cooperative, comunità), le istituzioni scolastiche, per la ricognizione delle

esigenze e lo sviluppo della relativa offerta sul territorio.

Lo strumento operativo più adeguato a tal fine sembra essere quello rappresentato

dai Tavoli di concertazione costituiti in ambiti territoriali che coincidano possibilmente

con i Piani di Zona.

Si delinea, in tal modo, un sistema di co-decisioni e “cooperazioni

interistituzionali” che realizza un policentrismo decisionale declinato, di volta in volta,

secondo l’oggetto della decisione da assumere in cooperazione o collaborazione,

accordi o intese, coordinamento .

Gli ambiti territoriali diventano il luogo privilegiato per realizzare il sistema

integrato di interventi e servizi e lo snodo di tutte le azioni, tramite la costituzione di

tavoli di concertazione/ coordinamento – all’interno dei quali c’è la “rete” di scuolecomposti

dai rappresentanti designati da ciascun soggetto ((istituzionale o meno) che

concorre all’attuazione del progetto di vita costruito per ciascun alunno disabile.

E’, infatti, proprio nella definizione del progetto di vita che si realizza l’effettiva

integrazione delle risorse, delle competenze e delle esperienze funzionali all’inclusione

scolastica e sociale.

I prioritari ambiti di intervento sono riconducibili a:

1. formazione (poli specializzati sulle diverse tematiche connesse a specifiche

disabilità /banche dati/anagrafe professionale/consulenze esperte);

2. distribuzione/allocazione/dotazione risorse professionali (insegnanti

specializzati, assistenti ad personam, operatori, educatori, ecc.);

3. distribuzione/ottimizzazione delle risorse economiche e strumentali (fondi

finalizzati all’integrazione scolastica, sussidi e attrezzature, tecnologie, ecc.);

4. adozione di iniziative per l’accompagnamento dell’alunno alla vita adulta

mediante esperienze di alternanza scuola-lavoro, stage, collaborazione con le

aziende del territorio.

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III PARTE

LA DIMENSIONE INCLUSIVA DELLA SCUOLA

Con l’autonomia funzionale di cui alla Legge 59/1997, le istituzioni scolastiche

hanno acquisito la personalità giuridica e dunque è stato loro attribuito, nei limiti

stabiliti dalla norma, il potere discrezionale tipico delle Pubbliche Amministrazioni. Ne

consegue che la discrezionalità in parola, relativa alle componenti scolastiche

limitatamente alle competenze loro attribuite dalle norme vigenti, ed in particolare

nell’ambito dell’autonomia organizzativa e didattica, dovrà essere esercitata tenendo

debitamente conto dei principi inerenti le previsioni di legge concernenti gli alunni con

disabilità. La citata discrezionalità dovrà altresì tenere conto del principio di logicitàcongruità,

il cui giudizio andrà effettuato in considerazione dell’interesse primario da

conseguire, ma naturalmente anche degli interessi secondari e delle situazioni di fatto.

Si ribadisce, inoltre, che le pratiche scolastiche in attuazione dell’integrazione

degli alunni con disabilità, pur nella considerazione dei citati interessi secondari e delle

citate situazioni di fatto, nel caso in cui non si conformassero immotivatamente

all’interesse primario del diritto allo studio degli alunni in questione, potrebbero essere

considerati atti caratterizzati da disparità di trattamento.

Tale violazione è inquadrabile in primo luogo nella mancata partecipazione di

tutte le componenti scolastiche al processo di integrazione, il cui obiettivo fondamentale

è lo sviluppo delle competenze dell’alunno negli apprendimenti, nella comunicazione e

nella relazione, nonché nella socializzazione, obiettivi raggiungibili attraverso la

collaborazione e il coordinamento di tutte le componenti in questione nonché dalla

presenza di una pianificazione puntuale e logica degli interventi educativi, formativi,

riabilitativi come previsto dal P.E.I.

In assenza di tale collaborazione e coordinamento, mancanza che si esplica in

ordine ad atti determinati da una concezione distorta dell’integrazione, verrebbe a

mancare il menzionato corretto esercizio della discrezionalità.

1. Il ruolo del dirigente scolastico

Le seguenti indicazioni non intendono ripetere gli adempimenti previsti per il

Dirigente scolastico nel processo di integrazione, tra l'altro già presenti in molti

documenti che definiscono Accordi di programma o in Linee Guida per l'integrazione

degli alunni con disabilità realizzate da Uffici Scolastici Regionali o Provinciali. Si

intende invece dare delle direttive generali sulla base delle quali assicurare, pur in

presenza di situazioni territoriali diverse e complesse, l’effettività del diritto allo studio

degli alunni con disabilità, mediante risposte adeguate ai loro bisogni educativi speciali.

1.1. Leadership educativa e cultura dell’integrazione

Il Dirigente scolastico è il garante dell’offerta formativa che viene progettata ed

attuata dall’istituzione scolastica: ciò riguarda la globalità dei soggetti e, dunque, anche

gli alunni con disabilità.

Il Piano dell’Offerta Formativa (POF) è inclusivo quando prevede nella

quotidianità delle azioni da compiere, degli interventi da adottare e dei progetti da

realizzare la possibilità di dare risposte precise ad esigenze educative individuali; in tal

senso, la presenza di alunni disabili non è un incidente di percorso, un‘emergenza da

presidiare, ma un evento che richiede una riorganizzazione del sistema già individuata

in via previsionale e che rappresenta un’occasione di crescita per tutti.

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L’integrazione/inclusione scolastica è, dunque, un valore fondativo, un assunto

culturale che richiede una vigorosa leadership gestionale e relazionale da parte del

Dirigente Scolastico, figura-chiave per la costruzione di tale sistema. La leadership

dirigenziale si concretizza anche mediante la promozione e la cura di una serie di

iniziative da attuarsi di concerto con le varie componenti scolastiche atte a dimostrare

l’effettivo impegno del Dirigente e dell'istituzione scolastica in tali tematiche (come per

esempio corsi di formazione, programmi di miglioramento del servizio scolastico per gli

alunni con disabilità, progetti, iniziative per il coinvolgimento dei genitori e del

territorio, costituzioni di reti di scuole per obiettivi concernenti l’inclusione,

partecipazione agli incontri di GLHO, istituzione del GLH di Istituto, favorire la

continuità educativo-didattica, programmi di miglioramento del servizio scolastico per

gli alunni con disabilità, partecipazione alla stipula di Accordi di programma a livello

dei piani di zona, di cui all’art 19 L.n. 328/00, direttamente o tramite reti di scuole,

ecc.).

L'autonomia funzionale delle istituzioni scolastiche ha ridotto il peso delle

indicazioni normative ed istituzionali, favorendo una maggiore discrezionalità

nell'elaborazione della progettazione educativa rivolta al successo formativo di tutti gli

alunni. Tale dimensione richiede però un buon livello organizzativo, inteso come

definizione di una serie di “punti fermi”, definiti sulla base di principi garantiti per

legge, entro i quali sviluppare la progettualità aperta della scuola autonoma.

Il contributo del Collegio dei docenti e del Consiglio di istituto deve assicurare

l'elaborazione del Piano dell'Offerta Formativa che descrive, fra l'altro, le decisioni

assunte in ordine all'integrazione scolastica. Il Dirigente ha il compito di rendere

operative tali indicazioni, che ha condiviso con gli Organi collegiali, con proprie azioni,

finalizzate all'attuazione del Piano in questione. Resta fermo il ruolo del Dirigente come

stimolo, promotore di iniziative e di attività educative, anche alla luce della

responsabilità dirigenziale in ordine ai risultati del servizio di istruzione.

Per la realizzazione operativa delle attività concernenti l'integrazione scolastica, il

Dirigente Scolastico può individuare una figura professionale di riferimento (figura

strumentale), per le iniziative di organizzazione e di cura della documentazione, delle

quali tale figura è responsabile e garante.

In via generale, dunque, al Dirigente scolastico è richiesto di:

promuovere e incentivare attività diffuse di aggiornamento e di formazione

del personale operante a scuola (docenti, collaboratori, assistenti) anche

tramite corsi di aggiornamento congiunti di cui all’art 14 comma 7 L.n.

104/92, al fine di sensibilizzare, informare e garantire a tutte le

componenti il conseguimento di competenze e indispensabili “strumenti”

operativo-concettuali (per intervenire sul contesto e modificarlo);

valorizzare progetti che attivino strategie orientate a potenziare il processo

di inclusione;

guidare e coordinare le azioni/iniziative/attività connesse con le procedure

previste dalle norme di riferimento: presidenza del GLH d’istituto,

formazione delle classi, utilizzazione degli insegnanti per le attività di

sostegno;

indirizzare l’operato dei singoli Consigli di classe/interclasse affinché

promuovano e sviluppino le occasioni di apprendimento, favoriscano la

partecipazione alle attività scolastiche, collaborino alla stesura del P.E.I.;

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coinvolgere attivamente le famiglie e garantire la loro partecipazione

durante l’elaborazione del PEI;

curare il raccordo con le diverse realtà territoriali (EE.LL., enti di

formazione, cooperative, scuole, servizi socio-sanitari, ecc.);

attivare specifiche azioni di orientamento per assicurare continuità nella

presa in carico del soggetto da parte della scuola successiva o del percorso

post-scolastico prescelto;

intraprendere le iniziative necessarie per individuare e rimuovere eventuali

barriere architettoniche e/o senso-percettive.

1.2 La programmazione

Al fine dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità è indispensabile

ricordare che l’obiettivo fondamentale della Legge 104/92, art. 12, c. 3, è lo sviluppo

degli apprendimenti mediante la comunicazione, la socializzazione e la relazione

interpersonale. A questo riguardo, infatti, la Legge in questione recita: “L’integrazione

scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata

nell'apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione”; il c. 4

stabilisce inoltre che “l'esercizio del diritto all'educazione e all'istruzione non può essere

impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità

connesse all'handicap”. La progettazione educativa per gli alunni con disabilità deve,

dunque, essere costruita tenendo ben presente questa priorità.

Qualora, per specifiche condizioni di salute dell’alunno (di cui deve essere edotto

il Dirigente Scolastico) o per particolari situazioni di contesto, non fosse realmente

possibile la frequenza scolastica per tutto l’orario, è necessario che sia programmato un

intervento educativo e didattico rispettoso delle peculiari esigenze dell’alunno e,

contemporaneamente, finalizzato al miglioramento delle abilità sociali, al loro

potenziamento e allo sviluppo degli apprendimenti anche nei periodi in cui non è

prevista la presenza in classe.

Sulla base di tale assunto, è contraria alle disposizioni della Legge 104/92, la

costituzione di laboratori che accolgano più alunni con disabilità per quote orarie anche

minime e per prolungati e reiterati periodi dell’anno scolastico.

E' vero, comunque, che talvolta si tende a considerare esaurito il ruolo formativo

della scuola nella socializzazione. Una considerazione corretta di questo concetto,

tuttavia, porta ad interpretare la socializzazione come uno strumento di crescita da

integrare attraverso il miglioramento degli apprendimenti con buone pratiche didattiche

individualizzate e di gruppo. Riemerge qui la centralità della progettazione educativa

individualizzata che sulla base del caso concreto e delle sue esigenze dovrà individuare

interventi equilibrati fra apprendimento e socializzazione, preferendo in linea di

principio che l'apprendimento avvenga nell'ambito della classe e nel contesto del

programma in essa attuato.

Una progettazione educativa che scaturisca dal principio del diritto allo studio e

allo sviluppo, nella logica anche della costruzione di un progetto di vita che consente

all'alunno di “avere un futuro”, non può che definirsi all'interno dei Gruppi di lavoro

deputati a tale fine per legge. L'istituzione di tali Gruppi in ogni istituzione scolastica è

obbligatoria, non dipendendo dalla discrezionalità dell'autonomia funzionale. Per tale

motivo il Dirigente Scolastico ha l'onere di intraprendere ogni iniziativa necessaria

affinché i Gruppi in questione vengano istituiti, individuando anche orari compatibili

per la presenza di tutte le componenti chiamate a parteciparvi.

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Si è integrati/inclusi in un contesto, infatti, quando si effettuano esperienze e si

attivano apprendimenti insieme agli altri, quando si condividono obiettivi e strategie di

lavoro e non quando si vive, si lavora, si siede gli uni accanto agli altri. E tale

integrazione, nella misura in cui sia sostanziale e non formale, non può essere lasciata al

caso, o all'iniziativa degli insegnanti per le attività di sostegno, che operano come organi

separati dal contesto complessivo della classe e della comunità educante. È necessario

invece procedere secondo disposizioni che coinvolgano tutto il personale docente,

curricolare e per le attività di sostegno, così come indicato nella nota ministeriale prot.

n. 4798 del 25 luglio 2005, di cui si ribadisce la necessità di concreta e piena attuazione.

Per non disattendere mai gli obiettivi dell’apprendimento e della condivisione, è

indispensabile che la programmazione delle attività sia realizzata da tutti i docenti

curricolari, i quali, insieme all’insegnante per le attività di sostegno e definiscono gli

obiettivi di apprendimento per gli alunni con disabilità in correlazione con quelli

previsti per l’intera classe.

Date le finalità della programmazione comune fra docenti curricolari e per le

attività di sostegno per la definizione del Piano educativo dell'alunno con disabilità,

finalità che vedono nella programmazione comune una garanzia di tutela del diritto allo

studio, è opportuno ricordare che la cooperazione e la corresponsabilità del team docenti

sono essenziali per le finalità previste dalla legge. A tal riguardo, è compito del

Dirigente Scolastico e degli Organi collegiali competenti attivare, nell'ambito della

programmazione integrata, le necessarie iniziative per rendere effettiva la cooperazione

e la corresponsabilità di cui sopra, attraverso il loro inserimento nel P.O.F.

La documentazione relativa alla programmazione in parola deve essere resa

disponibile alle famiglie, al fine di consentire loro la conoscenza del percorso educativo

concordato e formativo pianificato.

A questo riguardo è importante sottolineare l'importanza, in particolare nel

momento del passaggio fra un grado e l’altro d’istruzione, del fascicolo individuale

dell'alunno con disabilità, che dovrà essere previsto a partire dalla Scuola dell’Infanzia e

comunque all’inizio del percorso di scolarizzazione, al fine di documentare il percorso

formativo compiuto nell'iter scolastico.

Si precisa infine che dal punto di vista concettuale e metodologico è opportuno

distinguere fra la programmazione personalizzata che caratterizza il percorso

dell’alunno con disabilità nella scuola dell’obbligo e la programmazione differenziata

che, nel II ciclo di istruzione, può condurre l’alunno al conseguimento dell’attestato di

frequenza.

1.3 La flessibilità

La flessibilità organizzativa e didattica prevista dall'autonomia funzionale delle

istituzioni scolastiche consente di articolare l'attività di insegnamento secondo le più

idonee modalità per il raggiungimento del successo formativo di tutti gli alunni, finalità

ultima dell'intero servizio nazionale di istruzione, fermo restando il rispetto dei principi

inerenti la normativa di legge. Così, per esempio, l'insegnante per le attività di sostegno

non può essere utilizzato per svolgere altro tipo di funzioni se non quelle strettamente

connesse al progetto d'integrazione, qualora tale diverso utilizzo riduca anche in minima

parte l’efficacia di detto progetto.

Le opportunità offerte dalla flessibilità organizzativa per il raggiungimento del

diritto allo studio degli alunni con disabilità sono molteplici.

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Relativamente al passaggio dal primo al secondo ciclo di istruzione o nei

passaggi intermedi, è opportuno che i Dirigenti Scolastici coinvolti prevedano forme di

consultazione obbligatorie fra gli insegnanti della classe frequentata dall’alunno con

disabilità e le figure di riferimento per l'integrazione delle scuole coinvolte, al fine di

consentire continuità operativa e la migliore applicazione delle esperienze già maturate

nella relazione educativo-didattica e nelle prassi di integrazione con l'alunno con

disabilità.

I Dirigenti scolastici impegnati nel passaggio in questione possono inoltre

avviare progetti sperimentali che, sulla base di accordi fra le istituzioni scolastiche e nel

rispetto della normativa vigente anche contrattuale, consentano che il docente del grado

scolastico già frequentato partecipi alle fasi di accoglienza e di inserimento nel grado

successivo.

Particolare importanza ha in tale ambito la consegna della documentazione

riguardante l'alunno con disabilità al personale del ciclo o grado successivo. Tale

documentazione dovrà essere completa e sufficientemente articolata per consentire

all'istituzione scolastica che prende in carico l'alunno di progettare adeguatamente i

propri interventi. Talvolta, semplicemente la carenza documentale può rallentare il

raggiungimento del successo formativo richiesto dalle disposizioni legislative.

È inoltre opportuno valutare attentamente se il principio tutelato

costituzionalmente del diritto allo studio e interpretato dalla Legge 59/97 come diritto al

successo formativo per tutti gli alunni, possa realizzarsi, fermo restando le deroghe

previste dalla normativa vigente, attraverso la permanenza nel sistema di istruzione e

formazione fino all'età adulta (21 anni) o attraverso rallentamenti eccessivi in

determinati gradi scolastici. Il sistema di istruzione, infatti, risponde ai bisogni educativi

e formativi dei giovani cittadini, rendendosi alla fine necessario, anche attraverso la

piena attuazione di norme che garantiscono il diritto al lavoro delle persone con

disabilità, il passaggio della presa in carico ad altri soggetti pubblici.

A questo scopo, per quanto di competenza del sistema nazionale di istruzione è

fondamentale l'organizzazione puntuale del passaggio al mondo del lavoro e

dell'attuazione del progetto di vita.

1.4 Il progetto di vita

Il progetto di vita, parte integrante del P.E.I., riguarda la crescita personale e

sociale dell'alunno con disabilità ed ha quale fine principale la realizzazione in

prospettiva dell'innalzamento della qualità della vita dell'alunno con disabilità, anche

attraverso la predisposizione di percorsi volti sia a sviluppare il senso di autoefficacia e

sentimenti di autostima, sia a predisporre il conseguimento delle competenze necessarie

a vivere in contesti di esperienza comuni.

Il progetto di vita, anche per il fatto che include un intervento che va oltre il

periodo scolastico, aprendo l'orizzonte di “un futuro possibile”, deve essere condiviso

dalla famiglia e dagli altri soggetti coinvolti nel processo di integrazione.

Risulta inoltre necessario predisporre piani educativi che prefigurino, anche

attraverso l'orientamento, le possibili scelte che l'alunno intraprenderà dopo aver

concluso il percorso di formazione scolastica. Il momento “in uscita”, formalizzato “a

monte” al momento dell'iscrizione, dovrà trovare una sua collocazione all'interno del

Piano dell'Offerta Formativa, in particolare mediante l'attuazione dell'alternanza scuolalavoro

e la partecipazione degli alunni con disabilità nell'ambito del sistema IFTS. Ai

fini dell'individuazione di forme efficaci di relazione con i soggetti coinvolti nonché con

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quelli deputati al servizio per l'impiego e con le associazioni, il Dirigente scolastico

predispone adeguate misure organizzative.

1.5 La costituzione delle reti di scuole

Al fine di una più efficace utilizzazione dei fondi per l'integrazione scolastica, di

una condivisione di risorse umane e strumentali, nei limiti delle disposizioni normative

vigenti anche contrattuali, e per rendere più efficace ed efficiente l'intervento delle

istituzioni scolastiche nel processo di crescita e sviluppo degli alunni con disabilità, il

Dirigente Scolastico promuove la costituzione di reti di scuole, anche per condividere

buone pratiche, promuovere la documentazione, dotare il territorio di un punto di

riferimento per i rapporti con le famiglie e con l'extra-scuola nonché per i momenti di

aggiornamento degli insegnanti.

2. La corresponsabilità educativa e formativa dei docenti

E’ ormai convinzione consolidata che non si dà vita ad una scuola inclusiva se al

suo interno non si avvera una corresponsabilità educativa diffusa e non si possiede una

competenza didattica adeguata ad impostare una fruttuosa relazione educativa anche con

alunni con disabilità.

La progettazione degli interventi da adottare riguarda tutti gli insegnanti perché

l’intera comunità scolastica è chiamata ad organizzare i curricoli in funzione dei diversi

stili o delle diverse attitudini cognitive, a gestire in modo alternativo le attività d’aula, a

favorire e potenziare gli apprendimenti e ad adottare i materiali e le strategie didattiche

in relazione ai bisogni degli alunni. Non in altro modo sarebbe infatti possibile che gli

alunni esercitino il proprio diritto allo studio inteso come successo formativo per tutti,

tanto che la predisposizione di interventi didattici non differenziati evidenzia

immediatamente una disparità di trattamento nel servizio di istruzione verso coloro che

non sono compresi nelle prassi educative e didattiche concretamente realizzate.

Conseguentemente il Collegio dei docenti potrà provvedere ad attuare tutte le

azioni volte a promuovere l’inclusione scolastica e sociale degli alunni con disabilità,

inserendo nel Piano dell'Offerta Formativa la scelta inclusiva dell’Istituzione scolastica

e indicando le prassi didattiche che promuovono effettivamente l’inclusione (gruppi di

livello eterogenei, apprendimento cooperativo, ecc.). I Consigli di classe si

adopereranno pertanto al coordinamento delle attività didattiche, alla preparazione dei

materiali e a quanto può consentire all'alunno con disabilità, sulla base dei suoi bisogni

e delle sue necessità, la piena partecipazione allo svolgimento della vita scolastica nella

sua classe.

Tutto ciò implica lavorare su tre direzioni:

2.1 Il clima della classe

Gli insegnanti devono assumere comportamenti non discriminatori, essere

attenti ai bisogni di ciascuno, accettare le diversità presentate dagli alunni disabili

e valorizzarle come arricchimento per l’intera classe, favorire la strutturazione del

senso di appartenenza, costruire relazioni socio-affettive positive.

2.2 Le strategie didattiche e gli strumenti

La progettualità didattica orientata all’inclusione comporta l’adozione di

strategie e metodologie favorenti, quali l’apprendimento cooperativo, il lavoro di

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gruppo e/o a coppie, il tutoring, l’apprendimento per scoperta, la suddivisione del

tempo in tempi, l’utilizzo di mediatori didattici, di attrezzature e ausili informatici,

di software e sussidi specifici.

Da menzionare la necessità che i docenti predispongano i documenti per lo

studio o per i compiti a casa in formato elettronico, affinché essi possano risultare

facilmente accessibili agli alunni che utilizzano ausili e computer per svolgere le

proprie attività di apprendimento. A questo riguardo risulta utile una diffusa

conoscenza delle nuove tecnologie per l'integrazione scolastica, anche in vista

delle potenzialità aperte dal libro di testo in formato elettronico. E' importante

allora che i docenti curricolari attraverso i numerosi centri dedicati dal Ministero

dell'istruzione e dagli Enti Locali a tali tematiche acquisiscano le conoscenze

necessarie per supportare le attività dell'alunno con disabilità anche in assenza

dell'insegnante di sostegno.

2.3 L’apprendimento-insegnamento

Un sistema inclusivo considera l’alunno protagonista dell’apprendimento

qualunque siano le sue capacità, le sue potenzialità e i suoi limiti. Va favorita,

pertanto, la costruzione attiva della conoscenza, attivando le personali strategie di

approccio al “sapere”, rispettando i ritmi e gli stili di apprendimento e

“assecondando” i meccanismi di autoregolazione. Si suggerisce il ricorso alla

metodologia dell’apprendimento cooperativo.

2.4 La valutazione

La valutazione in decimi va rapportata al P.E.I., che costituisce il punto di

riferimento per le attività educative a favore dell’alunno con disabilità. Si rammenta

inoltre che la valutazione in questione dovrà essere sempre considerata come

valutazione dei processi e non solo come valutazione della performance.

Gli insegnanti assegnati alle attività per il sostegno, assumendo la contitolarità

delle sezioni e delle classi in cui operano e partecipando a pieno titolo alle operazioni di

valutazione periodiche e finali degli alunni della classe con diritto di voto, disporranno

di registri recanti i nomi di tutti gli alunni della classe di cui sono contitolari.

2.5 Il docente assegnato alle attività di sostegno

L'assegnazione dell'insegnante per le attività di sostegno alla classe, così come

previsto dal Testo Unico L. 297/94 rappresenta la “vera” natura del ruolo che egli

svolge nel processo di integrazione. Infatti è l'intera comunità scolastica che deve essere

coinvolta nel processo in questione e non solo una figura professionale specifica a cui

demandare in modo esclusivo il compito dell'integrazione. Il limite maggiore di tale

impostazione risiede nel fatto che nelle ore in cui non è presente il docente per le attività

di sostegno esiste il concreto rischio che per l'alunno con disabilità non vi sia la

necessaria tutela in ordine al diritto allo studio. La logica deve essere invece sistemica,

ovvero quella secondo cui il docente in questione è “assegnato alla classe per le attività

di sostegno”, nel senso che oltre a intervenire sulla base di una preparazione specifica

nelle ore in classe collabora con l'insegnante curricolare e con il Consiglio di Classe

affinché l'iter formativo dell'alunno possa continuare anche in sua assenza.

Questa logica deve informare il lavoro dei gruppi previsti dalle norme e la

programmazione integrata.

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La presenza nella scuola dell'insegnante assegnato alle attività di sostegno si

concreta quindi, nei limiti delle disposizioni di legge e degli accordi contrattuali in

materia, attraverso la sua funzione di coordinamento della rete delle attività previste per

l'effettivo raggiungimento dell'integrazione.

3. Personale ATA e assistenza di base

In merito alle funzioni e al ruolo nel processo di integrazione rappresentato

dall’assistenza di base, si rimanda alla nota del MIUR Prot. n. 339 del 30 novembre

2001, ove si indicavano chiaramente finalità dell’assistenza di base, le competenze delle

istituzioni scolastiche e delle ASL. Si ritiene utile ricordare che la responsabilità di

predisporre le condizioni affinché tutti gli alunni, durante la loro esperienza di vita

scolastica, dispongano di servizi qualitativamente idonei a soddisfare le proprie

esigenze, è di ciascuna scuola, la quale, mediante i propri organi di gestione, deve

adoperarsi attraverso tutti gli strumenti previsti dalla legge e dalla contrattazione,

compresa la formazione specifica degli operatori, per conseguire l'obiettivo della piena

integrazione degli alunni disabili.

Fermo restando che le mansioni in parola rientrano tra le funzioni aggiuntive per

l’attivazione delle quali il Dirigente Scolastico dovrà avviare le procedure previste

dalla contrattazione collettiva, si rammenta che il medesimo, nell'ambito degli autonomi

poteri di direzione, coordinamento e valorizzazione delle risorse umane, assicurerà in

ogni caso il diritto all'assistenza, mediante ogni possibile forma di organizzazione del

lavoro (nel rispetto delle relazioni sindacali stabilite dalla contrattazione), utilizzando a

tal fine tutti gli strumenti di gestione delle risorse umane previsti dall'ordinamento.

Si rammenta infine l’art. 47 del CCNL relativo al comporto Scuola per il

quadriennio normativo 2006-2009.

4. La collaborazione con le famiglie

La partecipazione alle famiglie degli alunni con disabilità al processo di

integrazione avviene mediante una serie di adempimenti previsti dalla legge. Infatti ai

sensi dell’art 12 comma 5 della L. n. 104/92, la famiglia ha diritto di partecipare alla

formulazione del Profilo Dinamico Funzionale e del PEI, nonché alle loro verifiche.

Inoltre, una sempre più ampia partecipazione delle famiglie al sistema di istruzione

caratterizza gli orientamenti normativi degli ultimi anni, dall’istituzione del Forum

Nazionale delle Associazioni dei Genitori della Scuola, previsto dal D.P.R. 567/96, al

rilievo posto dalla Legge di riforma n. 53/2003, Art. 1, alla collaborazione fra scuola e

famiglia.

E’ allora necessario che i rapporti fra istituzione scolastica e famiglia avvengano,

per quanto possibile, nella logica del supporto alle famiglie medesime in relazione alle

attività scolastiche e al processo di sviluppo dell'alunno con disabilità.

La famiglia rappresenta infatti un punto di riferimento essenziale per la corretta

inclusione scolastica dell’alunno con disabilità, sia in quanto fonte di informazioni

preziose sia in quanto luogo in cui avviene la continuità fra educazione formale ed

educazione informale.

Anche per tali motivi, la documentazione relativa all'alunno con disabilità deve

essere sempre disponibile per la famiglia e consegnata dall'istituzione scolastica quando

richiesta. Di particolare importanza è l’attività rivolta ad informare la famiglia sul

percorso educativo che consente all’alunno con disabilità l’acquisizione dell’attestato di

frequenza piuttosto che del diploma di scuola secondaria superiore.

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Per opportune finalità informative, risulta fondamentale il ricorso al fascicolo

personale dell'alunno con disabilità, la cui assenza può incidere negativamente tanto sul

diritto di informazione della famiglia quanto sul più generale processo di integrazione.

Il Dirigente scolastico dovrà convocare le riunioni in cui sono coinvolti anche i

genitori dell'alunno con disabilità, previo opportuno accordo nella definizione

dell'orario.

Il Ministro

Maria Stella Gelmini

portante nelle riunioni dei gruppi di lavoro che così conclude il documento: “Il Dirigente scolastico dovrà convocare le riunioni in cui sono coinvolti anche i

genitori dell'alunno con disabilità, previo opportuno accordo nella definizione

dell'orario.”

Come si è potuto constatare trattasi di un documento molto ampio ed organico, anche se non esaustivo, dal momento che non raccoglie tutte le richieste avanzate da anni dalle associazioni, anche in occasione dell’emanazione dello stesso e non fornisce tutte le soluzioni ai problemi in esso affrontati.  Così infatti non si dice se verrà riattivato l’altro organo dell’Osservatorio ministeriale, il Comitato tecnicoscientifico, composto stabilmente da Dirigenti ministeriali, docenti universitari, Rappresentanti di altre amministrazioni centrali e locali coinvolte , per legge, nel processo di integrazione scolastica.

            Così non si dice come in concreto verrà realizzata la presa in carico dell’integrazione da parte di tutti i docenti curricolari senza un’obbligatoria formazione iniziale ed i servizio degli stessi.Non si dice come i Dirigenti potranno assicurare quantitativamente e qualitativamente il servizio di assistenza igienica, in presenza di un drastico taglio agli organici    dei collaboratori e collaboratrici scolastiche.

            Pur in presenza di un forte richiamo agli accordi di programma locali, nulla si dice, benché fortemente richiesto dalle associazioni, se avrà un seguito l’Intesa Stato-regioni del 20 Marzo 2008 che tali strumenti giuridici rilanciava proprio per assicurare interventi più specifici  specie a livello di piani di zona.

            Nulla si dice circa le  modalità per assicurare la continuità didattica dei docenti per il sostegno, attualmente fortemente disattesa. Nulla si dice circa la richiesta dell’abolizione delle “aree disciplinari “ per la nomina dei docenti per il sostegno nelle scuole superiori che hanno determinato notevoli disservizi ed incongruenze, come denunciato ripetutamente dalle associazioni, specie  quelle aderenti alla F I S H, federazione italiana per il superamento dell’handicap in suoi documenti. Nulla si dice circa la precisazione del numero massimo di alunni con disabilità nella stessa classe, prima fissato dal decreto ministeriale n. 141/98, che è però stato abrogato dal dpr n. 81/09  e di altre richieste di chiarimenti.

            Nulla infine si dice sulla formulazione di possibili “ indicatori “ per misurare la qualità dell’integrazione scolastica, operazione che era stata avviata nel 2004 , su richiesta del Ministero , dall’INVALSI, e che diviene sempre più urgente in un momento in cui si parla sempre più di valutazione della qualità del sistema di istruzione e di valutazione ed autovalutazione dell’operato delle singole scuole rispetto al “successo formativo “ di tutti gli alunni, aspetto in cui si sostanzia il diritto allo studio degli alunni con disabilità, come più volte ribadiscono   le stesse Linee-guida.

            Malgrado queste lacune, pur sempre ttrattasi di un documento che in quasi 20 pagine rilancia l’impegno dell’Amministrazione scolastica sull’integrazione, in un momento in cui sembrava scemare di attenzione nell’agenda politica.

            Data la sua stessa natura, il documento può essere considerato  non già un punto di arrivo delle politiche scolastiche, quanto un punto di partenza per un rilancio di una maggiore qualità dell’integrazione scolastica.Sembra corretto rilevare che dopo il fondamentale Documento Falcucci del 1974 il Ministero non aveva emanato documenti organici sul tema dell’integrazione.Merito di ciò è certo dovuto all’insistente richiesta delle associazioni, ma anche della Direzione generale per lo studentecol dir gen Zennaro ed il vice dir gen Scala, nonché dell’Ufficio diretto dal dr. Pardi e del docente ivi”utilizzato” , il prof Simoneschi, che è stato l’estensore della   bozza iniziale del documento e quindi del Ministro Gelmini che ha voluto farlo politicamente proprio.

            Proprio per questo è fondatamente da ritenere che col rilancio di tale documento a livello dell’Amministrazione centrale e periferica del Ministero dell’istruzione e del Governo, il processo di integrazione in Italia possa subire un’accelerazione verso livelli ulteriori di qualità, eliminando le storture che pur ancora esistono,  anche in vista del monitoraggio che su di essa  dovrà essere effettuato , anche dalle associazioni, a seguito di tale previsione imposta dalla legge di ratifica della convenzione mondiale dei diritti delle persone con disabilità.